Villanova 2005
Escursione alla Grotta di Villanova
Villanova delle Grotte - aprile 2006.
L'occasione è piuttosto rara: è la possibilità di visitare le grotte di Villanova raggiungendo tratti non aperti al pubblico abituale. Il ritrovo avviene presso la località di Villanova delle Grotte, una piccola frazione di Tarcento.
La giornata è limpida, e l'aria è molto fredda, la temperatura è sicuramente sotto zero. Appena parcheggiate le auto la tappa è quella del bar Panorama. Il nome è azzeccato in quanto proprio davanti a noi si colloca una serie di monti generati dalle forze più energiche della zona. Si tratta della faglia periadratica, in questa zona le pressioni di spinta generate dal ricongiungimento dell'Africa verso l'Europa sembra abbiano fatto gli straordinari.
Michela ci spiega il fenomeno facendoci notare quanto siano vicine, schiacciate le une contro le altre, le varie formazioni montagnose create dai sovrascorrimenti e dai piegamenti della faglia. Dopo il caffè gli amici del Circolo Speleologico Idrologico Friulano (inserire link al sito), che hanno accettato la nostra richiesta di visitare le grotte, ci mostrano l'attrezzatura che dovremo adoperare e ci spiegano rapidamente come dovremo utilizzarla. Si tratta di caschi da speleologo dotati di lanternino a fiamma di carburo e di una cinta alla quale va appesa la fiasca contenente l'acqua e il carburo di calcio.
Oltre alla fiamma a carburo, per ogni evenienza, i caschi sono provvisti di una torcia elettrica che va attrezzata con la batteria. Il freddo intenso rende difficoltosi i movimenti, ma in capo a qualche minuto riusciamo a riempire le fiaschette con il carburo, i serbatoi con l'acqua, e a collegare il tubo di gomma ai caschi e alle fiaschette. Infine indossiamo con movimenti un po' goffi cinta e casco.
La fiamma a carburo funziona mediante discesa, controllata da un rubinetto, di gocce d'acqua al di sopra del carburo di calcio, provocando così una reazione che genera l'emissione di un gas infiammabile e luminoso. L'accensione avviene grazie ad una scintilla ottenuta da un accendino piezoelettrico a quarzo.
Grazie all'esperienza dei nostri accompagnatori, dopo poco siamo tutti pronti alla partenza e con il lumino ben acceso. L'ingresso è molto vicino al bar Panorama, ben chiuso da un cancello di metallo, l'interno è molto più caldo dell'esterno: vi sono circa 10 gradi e l'umidità si aggira intorno al 90%.
Gli scarponi gelati e il fondo bagnato e in discesa rendono difficoltosa la marcia a chi non è avvezzo a questo tipo di percorso, ma con calma riusciamo a inoltrarci nelle zone interessanti. Il casco si rivela subito provvidenziale, il soffitto è spesso basso e piccoli spuntoni cozzano più o meno violentemente sui nostri caschi.
Per fortuna ci si abitua quasi subito e l'attenzione si acuisce oltre ai punti più adatti dove poggiare i piedi, anche verso l'alto. Le piccole fiammelle di gas si rivelano subito idonee a illuminare la roccia e il percorso, tanto che le torce che abbiamo portato con noi per facilitare le riprese fotografiche e video quasi non le accendiamo se non per evidenziare zone particolari. La conformazione della grotta è veramente interessante.
Gli amici speleologi ci fanno notare le varie conformazioni di faglia che attraversiamo in lunghezza e ci spiegano i particolari meccanismi di creazione delle grotte. Si tratta di un fenomeno misto di aggressione chimica e di dilavamento fisico causato dall'acqua. Mediante il primo, il calcare viene disciolto nell'acqua grazie alla presenza di acido carbonico, formatosi per combinazione di acqua e anidride carbonica.
E' un acido molo instabile, ma che riesce nel tempo a generare fenomeni erosivi consistenti. Il secondo è un fenomeno più conosciuto, ma che nel caso delle grotte di Villanova ha creato una condizione piuttosto insolita caratterizzando in tal modo queste formazioni.
Solitamente infatti, i fenomeni carsici, si limitano alla dissoluzione del calcare e alla formazione di grotte, nonché di stalattiti e stalagmiti a seguito della rideposizione del calcare disciolto. Nelle grotte di Villanova, oltre al fenomeno carsico, è presente in misura accentuata anche il fenomeno dell'erosione.
Gli ampi corridoi sui quali è possibile notare le sue tracce lasciando intuire le forti pressioni e le veloci correnti d'acqua, che hanno generato questi cubicoli. Una parte delle rocce detta flysh costituita da sottili strati di calcare e marna e spesso presente nella zona, nelle grotte si nota soprattutto in alcune pareti, è presente anche del conglomerato, formato da cementazione di ciottoli arrotondati, mentre il soffitto è spesso formato da breccia di frizione, formata dalla cementazione di frammenti derivati dalla disgregazione di rocce a seguito dei movimenti di faglia.
I frammenti che formano la breccia a differenza del conglomerato sono ben più spigolosi e perciò molto più giovani dei ciottoli che hanno subito invece fasi di rotolamento all'interno di correnti d'acqua come ruscelli e fiumi.
All'interno della grotta è possibile notare diversi piani di faglie attive che testimoniano con i loro micromovimenti, l'esistenza di spinte ancora perfettamente attive generate da quella che è chiamata neotettonica (inserire link allo scritto di Michela), fenomeno che ha collaborato alla generazione delle Alpi e che tutt'ora mostra i suoi effetti mediante sollevamenti di terreno e di montagne.
Scendendo ancora verso l'interno si incontra un piccolo lago ben delimitato da pietre e Lucia, la custode ufficiale delle grotte, ci spiega che in quel tratto l'acqua allagava integralmente il passaggio, come spesso avviene all'interno di grotte similari, e che grazie agli interventi che sono stati realizzati per rendere percorribile al pubblico una parte del percorso è stato necessario arginare l'acqua generando un piccolo laghetto.
Immediatamente dopo la ricostruzione di un bellissimo orso nero ci lascia stupiti e divertiti . L'orso è senz'altro uno dei primissimi abitanti delle grotte in genere, in altre grotte infatti, è stato possibile rinvenire anche resti di pasti e antiche ossa.
Proseguendo la visita, la nostra attenzione è attratta dalle varie fratture di faglia, che ci fanno sentire quasi come Giona all'interno della Balena. Sempre Lucia ci racconta di quello che è successo durante la scossa sismica di Caporetto del Luglio scorso, durante la quale alcuni turisti, presenti in grotta per una visita, ne hanno vissuto l'intera emozione.
L'interno di una grotta stabile come quella di Villanova è probabilmente uno dei punti più sicuri durante un movimento sismico di media intensità.
Qui sotto infatti le onde sismiche di superficie sono attenuate dalla profondità e la conformazione a volta, nella maggioranza dei casi, offre una specie di protezione naturale da crolli o da oggetti in caduta.
Naturalmente i crolli sono possibili anche in grotta, e i segnali all'interno sono evidenti, tuttavia questi si sono più probabilmente originati da instabilità generate a seguito dell'erosione più che da eventi sismici. Numerosi vetrini e altri indicatori micrometrici fissati lungo le faglie attive forniscono informazioni utili ai vari movimenti cui è soggetta da grotta.
E' possibile individuarli facilmente durante il percorso e l'emozione aumenta. Giunge anche il punto difficile. Per raggiungere la parte più interessante della visita bisogna attraversare un piccolo passaggio reso scomodo dalle asperità.
E' necessario strisciare e evitare accuratamente ostacoli mediante movimenti inusuali e faticosi, ma dopo pochi attimi di tensione sia fisica che emotiva, raggiungiamo di nuovo il percorso semplice e in capo a poco raggiungiamo la sala promessa.
Lo spettacolo è sicuramente unico. Le stalattiti e le stalagmiti sono più concentrate e la trasparenza è evidenziata dalla luce delle lampade.
Gli "spaghetti" che scendono dal soffitto e i "piloncini" perfettamente formati compensano delle fatiche subite per raggiungere il posto.
La parte più interessante è proprio una stalagmite/stalattite spezzata dal sisma del 1976. Il fatto che le altre formazioni non ne abbiano risentito rende la spaccatura di particolare significato e qui azzardiamo delle ipotesi sulle cause di questo fenomeno.
Lo scorrimento di faglia generato da un sisma non è un movimento regolare, si tratta di piccoli movimenti successivi e di piccoli blocchi dovuti all'attrito.
Ricordo che un evento sismico può essere simulato mediante un mattone posto sopra un piano di roccia ruvida e un elastico. L'elastico collegato al mattone inizia a portarsi in tensione, la tensione sale fino a quando l'attrito che tiene il mattone legato al piano di roccia si slega e quindi il mattone si sposta in avanti fino al punto in cui l'attrito lo frena e lo blocca di nuovo.
L'ampiezza delle faglie e l'elasticità delle rocce fanno in modo che questo tipo di movimento, si riproduca in modo discontinuo durante un evento sismico, generando una serie di scatti e blocchi che possono essere rappresentati nel tempo e nello spazio mediante una onda quadra con ampiezze variabili.
E' noto che tutte le onde quadre, nella loro propagazione generano una serie pressoché infinita di armoniche, cioè di onde di tipo sinusoidale di frequenza multipla della fondamentale, alla fine generando quello che viene chiamato rumore.
Durante uno dei fenomeni del '76 questo insieme di onde diverse, deve aver raggiunto la stalagmite/stalattite, e probabilmente una particolare frequenza è riuscita a mandare in risonanza la concrezione generando al suo interno delle forze contrastanti particolarmente intense che l'hanno spezzata.
Diversamente le altre concrezioni presenti nella stessa area, sottoposte a frequenze diverse dalla risonanza propria, non hanno subito lo stesso effetto restando perciò intatte. L'effetto è simile a quello di due diapason uguali e vicini, in cui quando uno dei due viene percosso ingenera delle vibrazioni anche nell'altro, mentre se i diapason sono diversi, risuonano perciò a frequenze diverse, l'effetto di risposta non avviene.
Più correntemente, per meglio spiegare la situazione, si immagini un pneumatico non perfettamente equilibrato della nostra vettura.
Quando si raggiunge una particolare velocità, l'auto inizia a vibrare e se la vibrazione coinvolge l'intero veicolo le forze cui questo è sottoposto sono talmente elevate che potrebbero, in casi estremi, comportare il cedimento strutturale.
Al ritorno ci fermiamo a riprendere un punto in cui un crollo parziale è avvenuto dopo la formazione delle stalattiti. Il posizionamento inclinato divergente di queste testimonia in pieno la teoria dell'instabilità di questi due strati di roccia. All'uscita, stanchi e sudati proviamo l'emozione di cambiarci d'abito al freddo invernale.
Per fortuna è solo un attimo e i più temerari, quasi nudi, indugiano assaporando la sensazione dell'aria fresca sulla pelle.
E' stato un viaggio bellissimo verso il cuore della nostra terra e nell'anima dei terremoti…